Maggio 5, 2020
TRADIZIONE E SANA ALIMENTAZIONE
GRASSELLI E FRICCHIO’: DUE PIATTI DELLA TRADIZIONE MARCHIGIANA E SANA ALIMENTAZIONE…UN CONNUBIO POSSIBILE?!
Ne ha parlato la nostra biologa nutrizionista, Francesca Raffaelli, ospite al programma radiofonico di musica, informazione e intrattenimento del mattino, “Buona Giornata”, in onda su Radio Arancia tutti i giorni alla frequenza 103.8.
Maurizia Gregori: <<Buongiorno Dott.ssa Raffaelli, Biologa Nutrizionista e Presidente di Biomedfood! Diciamo due parole su Biomedfood…>>
Francesca: <<Buongiorno a tutti! Biomedfood nasce come ex-spinoff dell’Università Politecnica delle Marche, siamo una start up e ci occupiamo di nutrizione nei suoi diversi aspetti, lavoriamo con le aziende agroalimentari del territorio, sviluppiamo nuovi prodotti, valorizziamo quelli già presenti sul mercato, aiutandoli a comunicarne i benefici al consumatore…in questo momento più che mai cerchiamo di essere di supporto, ci occupiamo inoltre di educazione alimentare, organizziamo catering salutistici, forniamo servizi nell’ambito del welfare aziendale…cerchiamo quindi di declinare la nutrizione in tanti aspetti!>>
Maurizia Gregori: <<Allora decliniamo la nutrizione anche alla radio in questo appuntamento andando a riscoprire le ricette della tradizione, come la pizza con i grasselli che potrebbe essere l’accompagnamento ideale per il pranzo di domani…rispettando la tradizione del primo maggio!>>
Francesca: <<I grasselli o ciccioli sono un piatto tipicamente invernale e derivano dalla macellazione o come si dice nelle Marche, dalla famosa “pista” del maiale..ma potendo essere conservati dopo la loro preparazione è ovvio che possono essere utilizzati anche nei mesi successivi all’inverno..molte persone li hanno sentiti nominare ma spesso non sanno bene cosa sono…voi li conoscete?!>>
Alessandro Ranieri: <<Io ne ho mangiati tantissimi da bambino, li mangio sulla pizza ma sinceramente come arrivano sulla pizza non lo so!!!>>
Francesca: <<Infatti le curiosità che dobbiamo svelare oggi sono proprio queste, perché spesso si conosce la ricetta ma non si conosce il nome o l’origine della materia prima! I grasselli sono praticamente quello che rimane dell’utilizzo del grasso della pancia del maiale, dopo che viene sciolto appunto per fare lo strutto. Ed è uno di quei casi dove vale la regola “del maiale non si butta via niente”!!! I grasselli sono infatti l’esempio più calzante di questa regola, perché sono uno dei prodotti di scarto del maiale, paragonabili ad una salsiccia sgranata ma croccanti nella consistenza! Come vengono prodotti?! Il grasso del maiale viene tagliato a cubetti e messo a sciogliere sul fuoco lentamente..quando questi pezzetti iniziano a colorarsi perché iniziano a friggere, vengono trasferiti su un telo di lino, conditi di sale e pepe e spezie varie, come noce moscata e chiodi di garofano, successivamente questo canovaccio di lino viene poi stretto, avvolto su stesso e, la parte liquida che ne fuoriesce viene utilizzata per lo strutto mentre quello che rimane all’interno rappresenta appunto i grasselli che vengono sbriciolati caldi e conservati! I grasselli possono essere poi usati sulla pizza, nella crescia, nella polenta…ecc.>>
Maurizia Gregori: <<Ma da un punto di vista nutrizionale e calorico cosa possiamo dire? Io direi che sono UNA BOMBA!!!>>
Francesca: <<Qui taccio!!! Ahahahahah>>
Maurizia Gregori: <<Praticamente è proprio il grasso della pancetta del maiale..una bomba davvero!!!>>
Francesca: <<Si esattamente, è la parte che rimane dopo lo scioglimento del grasso della pancia del maiale! E’ vero che, fortunatamente, quando ci capita di mangiarlo non ne mangiamo un pezzo intero ma di solito nella pizza, nella polenta ne viene usato solo qualche pezzettino..diciamo che questo è l’unico punto a favore dal punto di vista nutrizionale!!!>>
Maurizia Gregori: <<C’è un’altra cosa che mi colpisce Dottoressa…fricandò o fricchiò…è una verdura tipica dell’estate?! Magari…i grasselli è meglio non consumarli domani ma in inverno, mentre la verdura possiamo mangiarla in occasione del primo maggio?>>
Francesca: <<Domani sì, almeno così avremo bilanciato i contenuti di questo intervento perché avremo parlato sia di un piatto calorico ma anche di uno più salutare!!! Il fricchiò appunto è un piatto della tradizione contadina ed è un piatto piuttosto povero, infatti non è altro che una mescolanza di verdure stufate in padella che veniva cucinato dalle “vergare” quando c’erano delle rimanenze di verdura in dispensa e nessuna di queste era in abbondanza per fare un piatto con un unico ingrediente…quindi le verdure a disposizione si tagliavano a rondelle o a tocchetti e venivano messe a cucinare tutte assieme! Qualcuno la paragona alla “ratatouille francese” ma in quest’ultima le verdure vengono generalmente cotte tutte separatamente e poi mescolate, mentre nel fricchiò a volte separatamente a volte insieme e nel nostro fricchiò vengono molto spesso aggiunte anche le patate!>>
Alessandro Ranieri: <<Scusa Francesca, possiamo dire che il nostro fricchiò o frecandò sarebbe la versione marchigiana della caponata siciliana?>>
Francesca: <<Qualcuno le paragona ma in realtà non è corretto perché nella caponata le verdure vengono fritte mentre nel nostro piatto le verdure vengono stufate in padella!>>
Alessandro Ranieri: <<Ok certo..stufate in padella!>>
Francesca: <<Vorrei parlarvi dell’origine del nome di questo piatto..molto carino e simpatico! Il termine “fricchiò” è prettamente anconetano ma poi nel corso del tempo ha acquisito altri nomi in altre zone della regione Marche come “lu frecandò”, “frecantò”, “frecantù”, “fricandò”, “fricantò” “fricò”! In realtà, secondo la tradizione dialettale, “FRECANDÒ” significa proprio mescolanza, pastume di verdura…nel maceratese invece “FRECANTÒ” significa proprio “frega Antonio” perché deriva da una storia antica che racconta di un gruppo di amici che si riunivano spesso la sera per cenare tutti insieme e ognuno di loro portava un piatto tipico della regione e vi era un certo Antonio che cucinava sempre dei piatti a base di carne che risultavano sempre vincenti sugli altri..eccetto una sera, in cui un ortolano del gruppo portò a cena una mescolanza di verdure che risultò più buona del piatto di Antonio e in quell’occasione esclamarono tutti “hai fregato Antonio”!!!>>
Maurizia Gregori: <<E da lì quindi “fregantò”!!! Carina davvero questa storia!! Io vorrei chiedere alla nostra nutrizionista se è un piatto assolutamente da consigliare?>>
Francesca: <<Assolutamente sì, perché da un punto di vista nutrizionale è un piatto buonissimo in quanto ricco di fibre, sali minerali e vitamine, poi se consideriamo l’aggiunta di patate come fonte di carboidrati, diventa appunto un piatto unico! E’ un pochino povero di proteine…infatti qualcuno aggiunge i fagiolini..in alcune versioni qualcun altro anche un po’ di pancetta o di salsiccia…però, da un punto di vista nutrizionale, se escludiamo questi ultimi due ingredienti più calorici, è un ottimo piatto della tradizione!>>
Alessandro Ranieri: <<Diciamo che la versione che fa bene all’anima prevede la salsiccia…diciamo così!!!>>
Francesca: <<Si si..però è buonissimo anche solo con le verdure e le spezie perché è un tripudio di colori e di sapori estivi..questo devo dirlo!!!>>
Maurizia Gregori e Alessandro Ranieri: <<Grazie alla nostra dottoressa che salutiamo e che ritroveremo puntuale, qui con noi, giovedì prossimo!>>
Alcuni piatti della trazione possono entrare quindi a far parte di una dieta sana e bilanciata, arricchendo i nostri menù di colori e di sapori, anche se costituiti semplicemente di verdure e spezie! Altri piatti come i grasselli dovrebbero essere consumati occasionalmente e con molta moderazione, cercando di rispettare quelli che sono i principi della dieta mediterranea e di un’alimentazione sana e corretta, senza dimenticare però le radici della nostra tradizione culinaria e le storie dei nostri nonni, dei nostri antenati che tramandano nei loro ingredienti, nei loro metodi di preparazione e nei loro colori e profumi!
<<Ogni tanto si può, ogni tanto si deve…per tramandare e non dimenticare da dove veniamo e dove vogliamo andare!>>
Per ascoltare il podcast clicca su questo link: https://lnkd.in/ggayKWC
Aprile 28, 2020
Stop the pandemic: safety and health at work can save lives
28 Aprile 2020: Giornata mondiale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro
<<Stop the pandemic: safety and health at work can save lives>>, ossia “fermiamo la pandemia: la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro può salvare vite”. Questo è lo slogan con cui l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha deciso di celebrare l’edizione 2020 della Giornata Internazionale per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, istituita nel 2003 e quest’anno attuale più che mai.
Il periodo rivoluzionario che stiamo vivendo rende questa celebrazione ancora più importante degli anni scorsi. Infatti, non mira più solo a sensibilizzare il mondo del lavoro verso l’adozione di tutte quelle misure regolamentate per legge, atte a promuovere la salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, ma ci richiede uno sforzo in più contro un nemico invisibile che si è insediato nelle abitudini delle nostre vite e le ha stravolte, talvolta in maniera irreparabile.
In occasione del centenario dell’istituzione dell’ILO, celebratosi a Ginevra nel giugno 2019, all’interno della Dichiarazione Centenaria per il futuro del lavoro è stato affermato che le “condizioni di lavoro sicure e sane sono fondamentali per un lavoro dignitoso”. Questa affermazione diventa ancora più importante oggi, poiché la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro sono indispensabili nella gestione della pandemia e nella ripresa di tutte le attività economiche.
Fonte: www.ilo.org
Che ruolo ha l’alimentazione in questo contesto?
La definizione di “salute del lavoratore”, introdotta con il decreto legislativo 81/2008 che aggiorna la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, descrive la salute del lavoratore come un completo stato di benessere fisico, mentale e sociale che non identifica solo l’assenza di una patologia o d’infermità mentale, ma individua altri parametri orientati allo studio dello stile di vita del lavoratore stesso. Tra questi vi è anche l’adozione di una dieta sana, strettamente correlata all’attività produttiva di un lavoratore. È ormai noto come abitudini alimentari errate possano contribuire ad aumentare i rischi per la salute, gli infortuni e questo si traduce in un numero maggiore di giorni di malattia. Il regime alimentare quindi può contribuire a contenere i rischi, soprattutto se adeguato alla tipologia di lavoro (lavori notturni, lavoro a turni ecc). Un corretto stile alimentare può avere quindi un effetto protettivo preservando non solo il benessere generale del lavoratore ma prevenendo il rischio di infortuni e diminuendo anche l’assenteismo per malattia. Cosa può contribuire a non avere un’alimentazione corretta sul luogo di lavoro? Orari di lavoro (pensiamo ai lavoratori a turni o notturni), assenza di spazi adeguati dove consumare i pasti, proposte di menù mensa non salutari e ripetitivi, pasti inadeguati alla ripresa del lavoro che favoriscono l’insorgenza di sonnolenza dopo il loro consumo.
Cosa si può fare in termini di prevenzione?
Già nel 2005, una relazione dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) evidenziava quanto una scorretta alimentazione potesse provocare una perdita della produttività del 20%. Non solo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che il 50% delle patologie maschili e il 25% di quelle femminili, in Europa, sono legate a stili di vita non salutari, tra i quali una dieta sbilanciata. In Italia sono denunciati 5 milioni di casi di obesità: ogni giorno 156 italiani perdono la vita per le conseguenze del sovrappeso, con un costo al nostro Sistema Paese pari all’1% del PIL. A tal proposito il datore di lavoro ha il compito di valutare tutti i fattori di rischio che possono influenzare la salute del lavoratore, compreso quello legato all’alimentazione, e gestirli nel modo più adeguato, favorendo e promuovendo l’adozione di programmi e comportamenti volti a preservare e valorizzare la salute del lavoratore e a ottimizzarne la produttività, in due parole WELFARE AZIENDALE.
Cosa può fare Biomedfood in questo senso?
Biomedfood, in collaborazione con altri professionisti del settore, può sostenere l’attività del datore di lavoro, inserendosi nei corsi di formazione e informazione rivolti a tutti i dipendenti, proponendo percorsi esperienziali a tema, ideando spazi adeguati dove poter consumare i pasti, adeguando l’offerta dei menù mensa in funzione della tipologia di mansione, ascoltando e consigliando ciascun lavoratore attraverso sportelli nutrizionali. Dal punto di vista della nutrizione, il nostro background scientifico sugli effetti benefici degli alimenti funzionali, abbinato ai principi della cucina nutrizionale e alla valorizzazione dei sapori del territorio, contraddistingue da sempre il nostro lavoro facendo sì che la sana alimentazione non sia più un limite ma diventi il piacere della tavola e soprattutto la cura quotidiana per il nostro corpo e la nostra mente.